Prima di conoscere quali saranno le “conseguenze economiche della pace” (Keynes, uno dei più grandi economisti mai esistiti, se non il più grande, riassunse in un libro, intitolato, appunto, “Le conseguenze economiche della pace”, le sue considerazioni sugli accordi di Versailles del 1919 che definivano i nuovi scenari derivati dalla fine della 1° guerra mondiale, accordi che prevedevano sanzioni pesantissime per cui la Guerra l’aveva causata e che contribuirono non poco allo scoppio della 2° guerra mondiale), intanto si ha sempre più consapevolezza di quelle che sono le “conseguenze economiche della guerra”. E non solo economiche, se è vero che Svezia e Finlandia sembra abbiano attivato le procedure per aderire alla Nato: soprattutto la Finlandia, confinante con la Russia, potrebbe costituire un nuovo fronte di tensione, con la Russia che sembra stia già potenziando la presenza delle proprie truppe in quella zona.
Sulle conseguenze economiche molto si è già detto. Con i prezzi delle materie prime e dell’energia in costante aumento, unitamente al rialzo dei tassi e l’avvio delle sanzioni, le previsioni della crescita sono quasi quotidianamente aggiornate al ribasso. Non solo, evidentemente, a causa della guerra (non dimentichiamo la carenza delle forniture, pandemia ancora diffusa, soprattutto in Cina, caduta del commercio internazionale), ma il contributo del conflitto è sotto gli occhi di tutti.
Al di là dei rischi di tensioni tra gli alleati (vedi la decisione, piuttosto clamorosa, da parte del leader ucraino Zelenskyi, di non ricevere il Capo di Stato tedesco Steinmeier, decisione che potrebbe mettere in discussione le relazioni tra i 2 Paesi), in Europa le probabilità di una recessione in arrivo sono in costante aumento.
La stessa BCE, fino a qualche tempo fa piuttosto compatta nella definizione degli interventi, oggi appare ben più divisa: le colombe, che vorrebbero una Banca Centrale ancora “morbida” nell’attuazione delle politiche monetarie, sono sempre più attaccate dai falchi, sempre più decisi a costringere la Presidente Lagarde ad assumere decisioni “coerenti” con la difficile congiuntura economica, “flagellata” da livelli di inflazione ritornati agli anni 80 (per dire, la stima dell’area euro per marzo è del 7,5%, ma abbiamo Paesi come il Belgio dove siamo al 9,3%, in Germania al 7,6%, 11,9% Olanda, 9,8% Spagna, 14,8% Estonia, etc….), in linea con la sua omologa FED americana.
Di certo si fa sempre più strada il convincimento che ben difficilmente l’inflazione tornerà, nel 2024, al livello del 2% previsto dalla “forward guidance” della BCE. Fino ad oggi, a differenza della FED, la Banca Centrale europea si è mossa con maggior flessibilità e gradualità, modalità che hanno permesso, per il momento, di non attuare politiche rigorose e maggiormente restrittive. Ma anche in Europa la strada si sta facendo sempre più stretta: determinanti, in tal senso, saranno i tempi in cui il conflitto potrebbe concludersi.
Intanto le Banche Centrali di mezzo mondo confermano la volontà di un maggior controllo dei cordoni della politica monetaria: è di ieri, infatti, la decisione della Nuova Zelanda di un rialzo di mezzo punto del tasso di interesse, dall’1 all’1,5% (verso le attese di 0,25%), così come il Canada, anche lei per mezzo punto, da 0,5 a 1%. Oggi si riunirà la BCE ma non sono attesi particolari provvedimenti e interventi: sarà invece importante capire come intenderà muoversi nel prossimo futuro, e quindi se i falchi l’avranno vinta.
Oggi ultimo giorno di contrattazione per i mercati prima delle vacanze Pasquali.
Ieri il mercato statunitense ha nuovamente dato una prova di forza, con il Nasdaq che ha chiuso a + 2%, mentre il Dow Jones si è fermato al + 1,01% (S&P + 1,12%).
Questa mattinai mercati si muovono all’unisono in rialzo: Nikkei + 1,23%, Shanghai (città in cui pare inizino ad esserci proteste popolari contro il lockdown) + 1,54%, Hong Kong + 0,87%.
Futures ovunque positivi (solo il Nasdaq naviga, in questi minuti, intorno alla parità).
Petrolio in calo, con il WTI a $ 103,23 (- 1,10%), peraltro dopo 2 giorni di forti aumenti.
Gas naturale ormai a $ 7 (6,991).
Oro sempre a ridosso dei $ 1.980 (1.978,4).
€/$ a 1,091, con l’€ in leggerissimo recupero.
Spread a 160 bp, con il rendimento del BTP in marginale recupero, ma sempre intorno a 2,30%. Da notare che ieri il Tesoro ha collocato BTP con diverse scadenze (3, 7, 10, 20, 30 anni): per tutte le durate i tassi sono risultati fortemente in crescita. Per es, i triennali sono passati dallo 0,57% della precedente emissione all’1,32%. Il sette anni è passato dall’1,47% al 2,04%.
Treasury in lieve recupero, con il rendimento che scende al 2,67%.
Bitcoin a $ 41.212, + 3,10%.
Ps: i dati sulle dichiarazioni dei redditi degli italiani (2021, anno riferimento 2020) ci dicono molto sul nostro Paese. Il reddito medio (contribuenti 41,2 milioni) è stato pari a € 21.570. La regione con la media più alta è la Lombardia (€ 25.333), la più bassa la Calabria (€ 15.630). I lavoratori autonomi mediamente hanno dichiarato € 52.890, mentre i lavoratori dipendenti € 20.720. Gli imprenditori individuali € 19.900, i pensionati € 18.650. Solo il 4% dei contribuenti dichiara più di € 70.000.
Ieri l’assemblea di Stellantis ha dato il via libera al bilancio. Però pare si sia diviso sulla remunerazione del management. In particolare, pare non sia d’accordo su quella dell’AD, Carlos Tavares, fissata in € 19,15 ML….pare però che lui la dichiarazione la faccia in Francia…